L’oroginalità dello stile di TONI FONTANELLA non si spiega soltanto per/nella tradizione, nè come sviluppo di analogie tematiche o di recupero d’una cultura visiva di scuola veneziana. Va considerata, in termini generali, come una sintesi personale di elementi alui più congeniali, nei quali l’effetto ambiente è un semplice pretesto, trasmesso a livello di contenuto narrativo. La visione si muove, infatti, verso la rielaborzione dell’interiorità espressa e collegata alle componenti ricorrenti, rivolte a ricreare la realtà mediante scansioni spaziali e rapporti nuovi, tra linea e colore, riscontrabili anche nelle nature morte. Nel taglio delle inquadrature e nell’impaginazione – privilegiate l’orizzontalità e la zumata – le barene, le marine, gli scorci lagunari si trasformano in “pitture di sempre”, sensibilizzate da toni perlacei e iridati, mossi per celebrare congiuntamente, come un miraggio, gli aspetti della veduta e del paesaggio. Ogni raffigurazione inaugura, di volta in volta, oggi come ieri, un modo inedito di “vedere”, di memorizzare gli “scatti” pittorici, mutati, con grazia e poesia, in una sorta do oggettivazione delle “meraviglie”, anzichè di momenti fenomenici di natura impressionistica. L’allegro cangiar delle tinte e la freschezza dei timbri venati di toni caldi, decidono le partiture dei vasti orizzonti, dei cieli distesi, su cui si stagliano i capanni, le barche, le case del suo repertorio. Anche le essenziali nature morte richiamano più la materia che le forme, su spazi espansi, luci su luci, senz’altro vezzo all’infuori delle varianze di tono deli accostamenti e dei riflessi. Nei riquadri di Fontanella si respira una luce tersa e modulata che ravviva i ritmi ottenuti per pure sovrapposizioni, collocate in spazi infiniti e affinati sino a sembrare assoluti nella compostezza delle combinazioni. La luminosità conferisce alla composizione un’insolita architettura, dove tutto si ricollega e si compenetra. Ogni tono al suo posto e al piano giusto per produrre la vera sensazione visiva. La sensazione d’uno spazio esistente, di un ambiente autentico, ri-scoperti dalla luce fatta di colore per scovare le cose anche in qualità di materia pittorica, di tessiture lievi e musicali. Vaporosi specchi d’acqua, orizzonti trascoloranti, balenii impalpabili, sottili pulsioni, vibrazioni e cadenze si coniugano alle trame ariose di raffinati incanti e di trasparenze animati tra i primi piani e le lontananze. Le contenute varianti, le pennellate parallele e degradanti e le necessarie accentuazioni rimarcano gli slanci. Una pittura, per concludere, costruita di colore, di luce, di spazi, di paesaggi che si aprono per lasciar trasparire i “valori” di prima e di sempre che trascinano a “…guardare quel che agli occhi è dato a vedere. Tutto è fatto di aria e di acqua che entrano come elementi costitutivi e determinanti e non soltanto come ambiente o spazio vitale…” (Diego Valeri: Introduzione a Venezia)