La rassegna antologica in atto, nel celebrare il centenario della nascita di TONI FONTANELLA, quasi toccato, documenta genericamente, per esigenze di spazio, ma dico io con l’effetto desiderato, il rimescolamento della pittura limitato alla nostra area, provocato dall’immissione demografica.
Ho usato alcuni campionamenti, forse discutibili, per la ricognizione che non può essere la storia culturale di Mestre, ma semplicemente una panoramica di elementi diversi confluiti nel crogiuolo della Terraferma, a prescindere dalla linea di fondo veneziano-veneta.
Erano gli anni in cui l’avanguardia celebrava le più ardue imprese (Emilio Vedova, Afro – XXXI Biennale – Edmondo Bacci, Tancredi, Ennio Finzi, Andrea Pagnacco, ecc.) senza scalfire i linguaggi tradizionali, in vista dei riesami dei problemi creativi di stile, senza accomodamenti. Se c’era qualche lacuna è stata colmata alla svelta, nell’intendere e nell’accettare l’inquieta presenza delle trouvailles, esempio qualificante di una cultura viva che si allargava e attirava l’attenzione.
Si aprono Gallerie d’Arte piccole e grandi, vecchie botteghe si rinnovano, garage cambiano d’uso, persino un negozio di fiori si orna di quadri.
Ogni Biennale dava un segnale, fungeva da faro. Aiutava il proporsi di nuove ricerche, di rapporti e di richiami. Gli anni del benessere economico riaprirono le porte in misura diversa e innovativa a contatti e amicizie da determinare la strada meglio percorribile.
Erano presenze dinamiche, Gianni Patuzzi (presto emigrato in Sud America), Alberto Zamara, Argante Viola, xxx Meneghetti, Carlo Cherubini, Delio Di Maggio, Sergio Held, Ettore Raccanello, Mario Cestari, … Il luogo d’incontro era Piazza Ferretto, a turno il Caffè Giacomuzzi, ritrovo di elite, dove iniziavano le discussioni, gli scambi… di idee, per terminare nel negozio di colori di Giancarlo Angeloni.
La Terza Pagina de Il Gazzettino dà inizio alle cronache delle mostre d’arte, allora poco laudative, a volte un tantino pungenti, in quanto – come scrisse Jacques Riviere nella Nuovelle Revue Francaise – “Per tendersi lo spirito ha bisogno di un limite. Lo spirito è fragile in quanto ha bisogno di ostacoli per reagire”.
Non ripercorro tutta l’operazione Fontanella. Parto dal 1969, quando l’ho conosciuto all’8° Premio di Pittura Castegnaro di Zerobranco. Tra i concorrenti premiati da Giovanni Barbisan, Aldo Bergamini, Luigi Tito, figuravano Elvio Trevisan, Adriano Pesce, Luciano Todesco, Mario Lucchesi e Fontanella, 5° premio-acquisto.
La sua evoluzione è incardinata su pochi principi diversi e coerenti alla sua visione da realizzare in pittura secondo tradizione, mettendo in evidenza i dati ambientali nella dimensione del territorio, a volte e ultimamente, in dimensione fabulistica su linee creative della memoria, in senso espressivo e relativo all’esperienza personale. Attento alle suggestioni degli aspetti e delle cose esteriori da ritrarre, riusciva a riportarle nell’ambito delle proprie regole, tanto da esere sempre unico e ineguale e la figurazione si accentua su spazi di partecipazione combinati in sintesi motivate.
Intanto Mestre diveniva “Centro Culturale”. La Galleria “San Giorgio” di Mario Lucchesi si dava da fare più dell’imprevisto, seguita dalla Galleria Meneghini (poi Gigli) in via Ca’ Savorgnan. In via Ferro la Galleria “Fidesarte” faceva conoscere il meglio della pittura nostrana e nazionale. Divenne il cenacolo di un gruppo che si riuniva settimanalmente: Guerrino Salvi, Fontanella, Franco Rossetto, Vittorio Felisati, Amedeo Tortani, Rita Trotter Cumani.
Il “Cenacolo” dei frati francescani, che ospitava pittori e pittrici anche esordienti, ma allievi del Maestro Masi.
Ernesto Sfriso fondava con Attilio Carminati e xxxxx “Il Collettivo 3”, Premio Poesia Mestre. Il Premio Bissuola di Pittura, animatore Elio Scarisi, rallegra annualmente di quadri la strada. In via Tevere Sergio Spanio apre “Il Gruppo 5”. A Carpenedo il Circolo Culturale “Quartiere 11” organizza mostre e concorsi di pittura e riempie di quadri i nuovi uffici del Consiglio di Quartiere. Il Circolo Culturale “La Rotonda” apre la Galleria “La Cella”, il Circolo Culturale “A. Luciani” a Chirignago mette al pubblico la Galleria “La Piccola”. Prima c’era il Gruppo dell’Hotel Sirio, vi operava un bel gruppo di pittori, parecchi dei quali espongono ora in Via Palazzo.
Lasciando da parte autori pur significativi, non posso fare a meno di citare Leone Minassian, che coglieva richiami onirici e mitici della realtà. La tematica veneziana grintosa di Renzo Zanutto. I paesaggi di Uccio Stefanutti. E Neno Mori, Enzo Ellero, Vittorio Ruglioni, Nello Pacchietto incisore che raccontava la storia della sua terra: l’Istria. Carlo Marconi e suo padre Antonio Oliviero. I paesaggi soffiati di Pietro Barbieri. Giovanni Scaggiante tra un paesaggio e un ritratto si diversificava con opere di arte religiosa, come Ernani Costantini. Franco Beraldo, Luigi Gardenal, Lucio Groja, Elio Jodice, Glauco Tiozzo, Mario Tonicello. Piero Slongo e la Natura Mirabile, presentata da Vittorio Sgarbi. Sara Campesan e la sua Galleria d’Arte in via Mazzini. Flavia Pizzarotti col suo linguaggio dagli affondi anticonvenzionali. In sostanza una nuova era, che ingloba Luigi Voltolina al suo ritorno da New York.
Molteplici le ricerche anche con inclinazioni verso codici di metodologia. Fontanella, tra mostre, concorsi e partecipazioni, continua a privilegiare il referente naturale, in strutturazioni dell’immagine progressivamente indagata, nei ritmi lineari e cromatici, di spazi e di accostamenti, di luci e di forme, fino a liberarsi di retaggi per creare un colloquio con il veduto di richiami sentimentali, interagenti in misura mentale.
Mai un colore fuori armonia, ma in rapporto sensibile, che nei tramonti si carica di risonanze effuse, particolarmente nelle opere della maturità, dopo aver approfondito l’inconfondibile creatività. Indiscutibile pure nelle composizioni geometriche che costringono alla partecipazione attiva di chi le guarda. Non mancano recuperi caldi specie negli scorci lagunari che non tradiscono le visioni precedenti, degni compagni di strada, di lirica partecipazione. Nell’allestimento, ogni quadro si fa spettacolo, ogni stanza si fa palcoscenico: realtà, memoria, sogno, fantasia, apparizione.
La formazione di Fontanella si è attuata tra Venezia e Mestre, in una cultura ricca di richiami, anche controversi, intesi o fraintesi, sul concetto di tradizione e di modernità, due punti di attrazione, non tanto paralleli, ma alquanto antagonisti benevolmente. Era una generazione in cerca di affermazioni, di speranze, di soluzioni idonee, nel proprio milieu.
Nell’uscire discreto Fontanella si è realizzato, a piccoli passi, disincagliandosi da solo nel tema dell’estetica, in una verifica autonoma, conseguenza-effetto della sua preparazione.
Lo incontravo per strada, ravvivava la conversazione intorno alla pittura in generale, portava argomentazioni a sostegno di una tesi, toccava a volte la problematica della critica (dopo aver letto quella a lui dediicata per una mostra) tuttora crociana a livello di scuola, che rimane fuori della critica dei valori per scelte ideologiche o per improvvisazione.
Mi anticipava spesso una sua scoperta sul colore-luce e l’assimilazione pittura veneta-luce. Ricordi. Il suo linguaggio pittorico, nel prima e nel dopo, non è mai stato una curiosità locale, né ebbe tratti provinciali e convenzionali e scontati. Non gli mancava una leggera vivacità polemica, perchè sapeva analizzare e giudicare le sue composizioni: luce e colore, atmosfere e spazi, forme, contrasti, freschezze e silenzi, erano auto-collaudate per il risultato finale. Metteva in rapporto la tecnica, l’interpretazione, il significato delle cromie, gli equilibri, le zone aperte, quelle che raccolgono il colore per diffonderlo, le stesure, le varie correlazioni, gli attimi figurativi di guida… e non è poco. Nell’ultimo periodo, la tavolozza si accende, la penellata acquista maggiore libertà di finezze, la struttura dei dipinti diviene più articolata, su sfondi con barlumi di colore locale, d’impronta simbolica, che inglobano le magiche intonazioni, dove il colore e i colori guizzano, si accendono per dare la forma oggettiva delle cose. Direi, che alcuni colori prefissi sono la premessa d’introduzione degli altri passaggi.
Gaetano Previati diceva che “lo stile comincia quando sulla visione si costruisce la concezione”. Dalla “Campagna di Marghera” alla “Laguna verde”, dalla “Cavana sul canale” alla “Terrazza sul mare” -per citare- ci fanno guardare le cose che ci stanno a portata d’occhio e ci pongono una serie di quesiti, non avendo in tanti mai osservate per ciò che sono e appaiono come metafora di una realtà simile.
L’intento di rendere comprensibili i fondamenti di ogni linguaggio al culmine della notorietà, in uno sfondo di molteplici orizzonti, in una specie di apeiron periéchon (un cerchio invisibile infinito) che tutto abbraccia e al quale nulla sfugge, ci si è convinti di inserire nella mostra alcune opere di pittori della laguna “amici” di Toni: Aldo Bovo, Gigi Candiani, Guido Carrer, Mario Dinon, Giorgio Di Venere (vivente) e Vittorio Felisati. Al di fuori di un problematico genius loci. Solamente per documentare l’azione compiuta nel nostro territorio, in una città che stenta ancora ad essere città in assoluto. Per le affinità propositive, per metodologie di pensiero artistico-creativo, per le aperture personali inconfondibili. E’ comunque un omaggio-ricordo a futura memoria.
L’amico Toni Fontanella fu uomo di istintiva e cordiale umanità, modesto per abitudine e per modo di agire, schietto e sereno nei pensieri e nei giudizi, colto di studi e per esperienze.
Nel suo iter artistico, seppe ridestare di continuo la sua creatività, con una tavolozza accordata di note come un tema musicale.