“L’arte non è che il corso e ricorso di alcune forme probabilmente eterne che gli uomini inventano e sognano”. Sarebbe sufficente questo pensiero di J. L. Borges a introdurre la pittura di toni Fontanella conosciuto bene dagli amici de “La Cella”, e a considerare che la storia dell’arte contemporanea andrebbe rifatta con lo studio più accurato di artisti di casa nostra.
“Lagune, Cavane, Canali, Barche, Capanni in barena, Fondamenta a …” sono scorci famigliari dai colori naturali e ideali, capaci di animare le trame e i ritmi e di sviluppare una spazialità ricca di luminosità, di risalti, di fusioni, di silenzi.
Miracoli di luce che non possono essere ne meglio ripresi, ne megli inventati, ne meglio distribuiti, singolare essenza d’ambiente in cui l’aria scorre assieme all’atmosfera e alla vita.
La realtà si innesta nella trasfigurazione obbediente ad una fresca costruzione del motivo sensibile alla musicalità della veduta, alla purificazione e al respiro che neutralizzano le mescolanze cromatiche, oltre il dominio del tempo.
Nel susseguirsi degli accordi e delle armonie, le larghe stesure accentuano le dissolvenze e l’effusione spaziale organizzata secondo una concezione strutturale aperta al confluire e allo spargersi del colore assunto anche come valore coincidente per allegerire i volumi nella loro parvenza fenomenica, e farli resistere a livello di puri profili in perenne dimensione evocativa.
Le forme sono, infatti, a misura d’ambiente. Ne intensificano la scansione. Ne integrano l’architettura, nella fuga di trasparenze trasfigurate in visione. Le cromie, invece, raccontano ciò che esiste e quanto rivive nella memoria e, nell’impressione di un riverbero, dilagano per ogni dove e confluiscono all’orizzonte esplorando la segreta intimità del veduto, tramite la verità pittorica “ala Fontanella”.